DON GIOVANNI

Dramma giocoso in due atti di W. A. Mozart libretto di L. Da Ponte
Prima rappresentazione teatro di Praga 29 ottobre 1787
Ouverture

 Siviglia XVI secolo
Don Giovanni si introduce in casa di Donna Anna nel tentativo di sedurla ed il suo aiutante, Leporello, si lamenta della propria condizione, Don Giovanni con le donne a fare il signore e Leporello fa da servo “giorno e notte a faticar”.
Aria notte e giorno faticar

Notte e giorno faticar,
Per chi nulla sa gradir,
Piova e vento sopportar,
Mangiar male e mal dormir.
Voglio far il gentiluomo
E non voglio più servir…
Oh che caro galantuomo!
Vuol star dentro colla bella,
Ed io far la sentinella!
Voglio far il gentiluomo
E non voglio più servir…
Ma mi par che venga gente;
Non mi voglio far sentir.
 Don Giovanni esce dalla casa senza aver sedotto Donna Anna e per poter fuggire affronta il commendatore, padre di lei ferendolo a morte.
Incontra una sua vecchia conquista, donna Elvira, che è arrabbiata con lui perché è stata sedotta ed abbandonata
Aria ah chi mi dice mai
Ah, chi mi dice mai
Quel barbaro dov’è,
Che per mio scorno amai,
Che mi mancò di fe?
Ah, se ritrovo l’empio
E a me non torna ancor,
Vo’ farne orrendo scempio,
Gli vo’ cavare il cor.
Don Giovanni dice a Leporello di liberarsi di Donna Elvira il quale decide di raccontanrle tutto su di lui e del suo rapporto con le donne.
Aria del catalogo .

Madamina, il catalogo è questo
Delle belle che amò il padron mio;
un catalogo egli è che ho fatt’io;
Osservate, leggete con me.
In Italia seicento e quaranta;
In Alemagna  duecento e trentuna;
Cento in Francia, in Turchia novantuna;
Ma in Ispagna son già mille e tre.
V’han fra queste contadine,
Cameriere, cittadine,
V’han contesse, baronesse,
Marchesane, principesse.
E v’han donne d’ogni grado,
D’ogni forma, d’ogni età.
Nella bionda egli ha l’usanza
Di lodar la gentilezza,
Nella bruna la costanza,
Nella bianca la dolcezza.
Vuol d’inverno la grassotta,
Vuol d’estate la magrotta;
È la grande maestosa,
La piccina è ognor vezzosa.
Delle vecchie fa conquista
Pel piacer di porle in lista;
Sua passion predominante
È la giovin principiante.
Non si picca – se sia ricca,
Se sia brutta, se sia bella;
Purché porti la gonnella,
Voi sapete quel che fa.
Don Giovanni cerca di far altre conquiste tentando di convincere una contadina,  Zerlina, facendole credere che la sposerà cambiando le sorti della sua umile vita, e quindi le consiglia di non maritarsi con in suo promesso sposo Masetto.
Aria la ci darem la mano

DON GIOVANNI 
Là ci darem la mano,
Là mi dirai di sì.
Vedi, non è lontano;
Partiam, ben mio, da qui.
ZERLINA
Vorrei e non vorrei,
Mi trema un poco il cor.
Felice, è ver, sarei,
Ma può burlarmi ancor.
DON GIOVANNI 
Vieni, mio bel diletto!
ZERLINA
Mi fa pietà Masetto
DON GIOVANNI
Io cangierò tua sorte.
ZERLINA
Presto… non son più forte.
DON GIOVANNI
Andiam!
ZERLINA
Andiam!
A DUE
Andiam, andiam, mio bene.
a ristorar le pene
D’un innocente amor.
Don Giovanni in un cimitero incontra la statua del commendatore padre di Donna Anna e spavaldamente invita la statua a cena, che si presenterà terrorizzando Leporello e provocando in Don Giovanni ancora più superbia.
Ma Don Giovanni non sopravviverà a questo incontro e verrà inghiottito dalle fiamme dell’inferno.
Aria della statua del commendatore.

 

LA STATUA
Don Giovanni, a cenar teco
M’invitasti e son venuto!
DON GIOVANNI
Non l’avrei giammai creduto;
Ma farò quel che potrò.
Leporello, un altra cena
Fa che subito si porti!
LEPORELLO (facendo capolino di sotto alla tavola)
Ah padron! Siam tutti morti.
DON GIOVANNI (tirandolo fuori)
Vanne dico!
LA STATUA (a Leporello che è in atto di parlare)
Ferma un po’!
Non si pasce di cibo mortale
chi si pasce di cibo celeste;
Altra cure più gravi di queste,
Altra brama quaggiù mi guidò!
LEPORELLO
(La terzana d’avere mi sembra
E le membra fermar più non so.)
DON GIOVANNI
Parla dunque! Che chiedi! Che vuoi?
LA STATUA
Parlo; ascolta! Più tempo non ho!
DON GIOVANNI
Parla, parla, ascoltandoti sto.
LA STATUA
Tu m’invitasti a cena,
Il tuo dover or sai.
Rispondimi verrai
tu a cenar meco?
LEPORELLO (da lontano, sempre tremando)
Oibò;
tempo non ha, scusate.
DON GIOVANNI
A torto di viltate
Tacciato mai sarò.
LA STATUA
Risolvi!
DON GIOVANNI
Ho già risolto!
LA STATUA
Verrai?
LEPORELLO (a Don Giovanni)
Dite di no!
DON GIOVANNI
Ho fermo il cuore in petto
Non ho timor verrò!
LA STATUA
Dammi la mano in pegno!
DON GIOVANNI (porgendogli la mano)
Eccola! Ohimé!
LA STATUA
Cos’hai?
DON GIOVANNI
Che gelo è questo mai?
LA STATUA
Pentiti, cangia vita
È l’ultimo momento!
DON GIOVANNI (vuol sciogliersi, ma invano)
No, no, ch’io non mi pento,
Vanne lontan da me!
LA STATUA
Pentiti, scellerato!
DON GIOVANNI
No, vecchio infatuato!
LA STATUA
Pentiti!
DON GIOVANNI
No!
LA STATUA
Sì!
DON GIOVANNI
No!
LA STATUA
Ah! tempo più non v’è!
(Fuoco da diverse parti, il Commendatore sparisce, e s’apre una voragine)
DON GIOVANNI
Da qual tremore insolito
Sento assalir gli spiriti!
Dond’escono quei vortici
Di foco pien d’orror?
CORO di DIAVOLI (di sotterra, con voci cupe)
Tutto a tue colpe è poco!
Vieni, c’è un mal peggior!
DON GIOVANNI
Chi l’anima mi lacera?
Chi m’agita le viscere?
Che strazio, ohimè, che smania!
Che inferno, che terror!
LEPORELLO
(Che ceffo disperato!
Che gesti da dannato!
Che gridi, che lamenti!
Come mi fa terror!)