Presentazione, audio, base e spartito
prima strofa
seconda strofa
terza strofa
quarta strofa
quinta strofa
Spartito inno pdf
base
Contents
I protagonisti:
I personaggi che si incrociano nella realizzazione di questo “Canto degli Italiani” sono due amici genovesi: l’autore delle parole Goffredo Mameli e il compositore Michele Novaro.
Mameli era patriota convinto e anche repubblicano, e non ancora ventenne scrive il testo del Canto Degli Italiani nel quale inserisce, in forma poetica, fatti, personaggi e simboli dell’Italia. Mameli morirà a soli ventidue anni in conseguenza di una ferita ad una gamba riportata in battaglia.
Novaro aveva circa trent’anni quando, a Torino, ricevette il testo scritto da Mameli e rapito da quelle parole iniziò immediatamente a comporre
Vicende dell’inno:
l Canto Degli Italiani non diventa subito il nostro inno: inizialmente per l’Italia unita sotto la monarchia Sabauda, l’inno è la Marcia Reale, poi nel periodo fascista vengono vietati inni che non inneggino al Duce, nel 1945 la scelta cade su “La Leggenda Del Piave” e, finalmente nel 1946 il Canto Degli Italiani diventa inno provvisorio, confermato come ufficiale solo nel 2017!
Tra gli altri sostenitori dell’Inno di Mameli-Novaro, c’è anche Giuseppe Verdi che nella sua composizione per l’esposizione universale del 1862 a Londra, “Inno delle Nazioni”, inserì le note di Michele Novaro accanto alla Marsigliese e a God Save The Queen
indice
Il testo:
Goffredo Mameli scrisse diverse poesie e testi, un testo successivo al Canto degli Italiani fu addirittura musicato da Giuseppe Verdi, perchè, per i Savoia regnanti in Italia, il Canto degli Italiani era troppo repubblicano e poco monarchico.
Mameli scrisse il testo di “Fratelli d’Italia” all’inizio di settembre nel 1847 e decise di inviarlo a Michele Novaro che si trovava a Torino sapendo che l’amico avrebbe scritto la musica giusta per quelle parole.
PRIMA STROFA
Fratelli d’Italia,
L’Italia s’è desta;
Dell’elmo di Scipio
S’è cinta la testa.
Dov’è la Vittoria?
Le porga la chioma;Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamci a coorte!
Siam pronti alla morte;
L’Italia chiamò.
Inizialmente le parole erano: Evviva l’Italia, poi cambiate in fratelli d’Italia.
L’Italia si mette l’elmo di Scipione, generale romano che sconfisse Annibale, per prenderne la forza.
Dio ha creato Roma forte, tanto da rendere schiava di sé la dea Vittoria che si sottomette alla città porgendole la chioma per farsela tagliare alla maniera delle schiave romane.
La coorte è una parte dell’esercito romano di circa seicento uomini compatti ed uniti, pronti a morire, qui pronti a morire per l’Italia
SECONDA STROFA
Noi fummo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un’unica
Bandiera, una speme;
Di fonderci insieme
Già l’ora suonò.
Il popolo italiano è deriso per la sua storia fatta di divisioni in tanti regni e sotto dominazioni diverse.
E’ giunta l’ora di unirsi sotto una bandiera ed una sola speranza (speme).
TERZA STROFA
Uniamoci, amiamoci;
L’unione e l’amore
Rivelano ai popoli
Le vie del Signore.
Giuriamo far libero
Il suolo natio:
Uniti, per Dio,
Chi vincer ci può?
Nuova esortazione ad unirsi, non solo militarmente, ma a trovare un sentimento di amore fraterno come unico modo indicato da Dio per liberare il territorio nazionale. Così nessuno porta vincerci.
QUARTA STROFA
Dall’Alpe a Sicilia,
Dovunque è Legnano;
Ogn’uom di Ferruccio
Ha il core e la mano;
I bimbi d’Italia
Si chiaman Balilla;
Il suon d’ogni squilla
I Vespri suonò.
Da nord a sud l’Italia è come fu Legnano quando la Lega Lombarda dei comuni uniti, che prima erano divisi, trovò vittoria contro il Barbarossa nel 1176.
Ogni Italiano ha il coraggio e la forza come ebbe Francesco Ferrucci che nel XVI sec. combatté per liberare Firenze contro l’esercito di Carlo V d’Asburgo.
I bambini d’Italia sono come il Balilla, il bambino che scagliò una pietra contro un ufficiale dell’esercito austro-piemontese e diede il via alla rivolta che liberò Genova nel 1746.
Ed un ricordo del suono delle campane che a Palermo diede il via alla rivolta contro gli angioini francesi nel 1282 ricordata con il nome “Vespri Siciliani”.
QUINTA STROFA
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Son giunchi che piegano
Le spade vendute;
Già l’Aquila d’Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d’Italia
E il sangue Polacco
Bevé col Cosacco,
Ma il cor le bruciò.
I soldati mercenari al soldo degli Austriaci, si piegano come rami e l’aquila simbolo dell’Austria perde vigore come perde le piume.
Il sangue di italiani e polacchi sarà un veleno che brucerà nel corpo di chi invade come avvenne in Polonia da parte di Austriaci e Russi alleati nel XVIII secolo.
LA MUSICA
Michele Novaro ricevette il testo quando si trovava a Torino a casa dell’amico Lorenzo Valerio dove si riunivano alcuni patrioti per fare musica e politica. Michele si innamora immediatamente delle parole e subito si mette al clavicembalo che si trovava in casa del Valerio senza però essere soddisfatto delle prime frasi melodiche. Quindi si precipita a casa sua e, senza nemmeno togliersi il cappello, inizia a scrivere lo spartito inserendo suggestioni da altre composizioni come ad esempio il carattere marziale della “Marsigliese” o l’energia del coro dell’Ernani di Giuseppe Verdi. Così all’inizio un’introduzione strumentale richiama l’attenzione come un’adunata militare fatta da tamburi e squilli di trombe, poi inizia la voce con salti tra note più gravi e slanci verso l’acuto. Dopo un richiamo strumentale (popopò … popopò ….) si cambia perchè ora è il popolo che parla in prima persona plurale, con cambi di intensità e alla fine Novaro decide di aggiungere un “Sì!” esclamato a gran forza alla fine dell’inciso.